Hundred Days è un videogioco simulativo/gestionale a tema vitivinicolo. Attraverso l’obiettivo primario di rappresentare in forma videoludica il mondo del vino, gli sviluppatori hanno anche raccontato un luogo a loro caro, le Langhe, e una cultura fatta di legami con il territorio, la natura e la società che vive quel territorio. Ne parliamo con Elisa Farinetti di Broken Arms Games, team piemontese responsabile del progetto che ha saputo coniugare la valorizzazione dell’eccellenza produttiva locale con le forme innovative del videogioco.
Serata all’insegna dei videogiochi nel piano -1 del Museion, con sfide 1v1 ai migliori titoli del momento su PS5 e PS4. A partire dalle 18, ogni ora verrà cambiato il gioco. I titoli giocabili saranno: Tekken 7, FallGuys, Rocket League e Crash Bandicoot 4. La prenotazione è sul posto e si può giocare gratuitamente.
La pluripremiata saga di The Last of Us, con i suoi due capitoli principali inframezzati dall’espansione Left Behind, rappresenta un emblema delle potenzialità ludiche, narrative ed emotive del medium videoludico. Il cammino di ogni protagonista, ovvero Joel, Ellie ed Abby, è costellato da varie situazioni tesissime in cui la loro moralità viene messa a durissima prova in un mondo eticamente allo sbando. Vale lo stesso per il percorso di ogni giocatore/giocatrice, la cui morale viene messa costantemente sotto pressione da un sofisticato design etico, che obbliga spesso ad effettuare azioni brutali pur di ottenere la salvezza dei personaggi controllati e dei loro cari.
L’obiettivo dell’intervento è quello di indagare due aspetti teoricamente distinguibili ma praticamente unificati, che hanno provocato negli appassionati concrete sensazioni di affetto (o, talvolta, di odio) nei confronti dei protagonisti della saga: da un lato, l’evoluzione morale dei personaggi nell’arco della narrazione, e dall’altro lato l’etica caratterizzante il mondo immaginario in cui avvengono le vicende, influenzata da una pandemia capace di trasformare gli esseri umani in mostri, sia esteriormente che interiormente.
Un viaggio all’interno del mondo del Game Design da una prospettiva psicologica, per esplorare le infinite possibilità offerte dal mezzo videoludico e i molti spazi di integrazione tra la psicologia e i videogiochi. Genitori, sviluppatori, neuroscienziati, studenti, gamer di tutte le età sono chiamati a scoprire in modo consapevole cosa accade dietro lo schermo, tra mente e controller.
Il decano del collezionismo Federico Salerno ci guida in un viaggio alla scoperta delle console dimenticate e dei giochi di cui la maggior parte degli appassionati ignora l’esistenza. Scopriremo che la storia dei videogames non è soltanto costellata da esperienze di successo, ma anche da piccoli e grandi progetti che hanno provato a conquistare gli appassionati senza riuscirvi, e che non per questo meritano meno considerazione da parte di chi oggi intende esplorare l’evoluzione del medium.
È possibile imparare o migliorare le lingue straniere con i videogiochi? In base
alla mia esperienza di videogiocatore dal 1975 a oggi, e di docente esperto di video gamebased learning, didattica delle lingue e culture straniere attraverso i videogiochi, sì!
Questo seminario esplora i vantaggi offerti da alcuni specifici videogiochi narrativi commerciali contemporanei, ad alto contenuto comunicativo, nel processo di acquisizione delle lingue e culture straniere. I videogiochi vengono esaminati e proposti come realia digitali, simulazioni interattive immersive che possono offrire l’opportunità agli studenti di inglese o italiano LS/L2 (come di altre lingue) di accedere alla lingua, parlata e scritta, autentica, nei suoi diversi registri linguistici, tramite una recitazione della stessa qualità delle grandi produzioni cinematografiche; ma, aggiungendo, rispetto alle produzioni cinematografiche e televisive, l’elemento dell’interattività. Il videogioco (e le nuove frontiere della realtà virtuale, che verranno anch’esse esplorate) come simulazione immersiva interattiva e ri-costruzione di realtà presenti, o, come nel caso dei videogiochi della serie Assassin’s Creed di Ubisoft ambientati nell’Italia del Rinascimento, passate.
A partire dalle 18 ogni ora verrà cambiato il gioco. I titoli giocabili saranno: Super Mario Bros 3, Tetris e Street Fighter 2.
La prenotazione è sul posto e si può giocare gratuitamente.
La Cina è un mercato sempre più ampio e variegato, in cui i media proliferano con caratteristiche molto particolari. Troppo spesso, però, qui in Italia si sa poco o nulla di questo magmatico insieme di prodotti.
Questo intervento offre la soluzione al problema, con un viaggio nei prodotti dei media cinesi. Grazie all’intervento di tre persone specializzate nei prodotti culturali della Cina, infatti, si andrà a scoprire questo immenso mercato. Dai videogiochi alle serie TV, passando per i fumetti e altro ancora, in un percorso tra produzione e consumo.
In oltre venti anni di storia come studio, Ubisoft Milan ha contribuito allo sviluppo di alcune delle più celebri serie di Ubisoft, da Splinter Cell e Just Dance a Assassin’s Creed e Ghost Recon, lavorando spesso in partnership con altri studi, come Ubisoft Paris.
È però con Mario + Rabbids Kingdom Battle, un combat adventure a turni per Nintendo Switch, che tutto è cambiato e la popolarità dello studio e del gioco non ha più smesso di crescere.
Ripercorriamo quindi la storia dello studio, raccontando quali sono le figure professionali principali del team di sviluppo e i vari percorsi di studio che preparano i candidati per entrare a farne parte.
In questo talk non si parlerà di violenza nei videogiochi. Si parlerà proprio di come “funzionano” le armi che trovate nei videogiochi, per portare alla luce curiosità di vario genere e dare un po’ di risposte. Quanto bisognerebbe essere alti e muscolosi per usare realmente la Buster Sword di Final Fantasy VII? Perché secondo molti videogiochi serve più destrezza che forza per usare un arco? Cosa vi succederebbe se usaste la lama celata di Assassin’s Creed nella realtà? E perché siamo pieni di chierici e paladini che combattono con martelli e mazze ferrate?
Sarà un viaggio nella storia passata, condotto attraverso l’oplologia, ovvero la disciplina che si occupa di studiare l’uso e l’evoluzione delle armi. Ma avremo modo di dire anche due parole sull’arte dell’assedio (nota come poliorcetica).
Il progetto VAR.HEE. della Libera Università di Bolzano ha portato alla realizzazione e alla sperimentazione di una piattaforma web-based per la costruzione di percorsi educativi pensati per bambini della scuola primaria e della secondaria di primo grado.
Il progetto si basa su un background teorico di matrice pedagogica e utilizza la tecnologia necessaria (e non quella superflua) per raggiungere adeguati livelli di apprendimento disciplinare e consapevolezza del valore del nostro patrimonio naturale e culturale. Il progetto prevede un percorso già strutturato da utilizzare nelle scuole, ma anche la possibilità da parte degli insegnanti di progettare un proprio percorso sulla medesima struttura.
Il concetto di “guerra” cambia tra le mani di Hideo Kojima: dal debutto di Metal Gear su MSX fino alla chiusura del cerchio con Metal Gear Solid 5, l’epopea di Big Boss e di Solid Snake si è dipanata in una vicenda commerciale non esente da problematiche, che ha condizionato anche l’aspetto artistico dell’opera magna del narratore giapponese.
Un’esperienza che ci ha portato a vivere momenti metaludici, operazioni di mercato uniche e una storia che ha cambiato per sempre il modo di concepire la guerra. Un punto di partenza per Kojima, che all’arrivo ha trovato il suo Death Stranding, per raccontare la sua idea di videogioco totale.
Gli applied games sono caratterizzati da molteplici funzioni e dinamiche: dall’educazione al riciclo dei rifiuti alla scelta di una destinazione turistica, dalla divulgazione scientifica alla diffusione di corretti stili di vita, dalla gestione di situazioni di emergenza alla pratica linguistica.
Uno dei vantaggi dei serious games è che aumentando il coinvolgimento e la motivazione degli studenti, aumenta anche la memorizzazione di ciò che hanno imparato: il risultato è che apprendono meglio e più profondamente. Contrariamente allo stereotipo per cui i videogiochi sono causa di comportamenti antisociali o violenti, la realtà è che l’apprendimento basato sul gioco può incoraggiare atteggiamenti prosociali e positivi per la società nel suo insieme.
Una panoramica sui mestieri del videogioco, per tutto ciò che concerne il disegno e la realizzazione grafica, dalla fase di concept al prodotto finito. Quali sono le professionalità e le competenze coinvolte nel processo che conferisce ai giochi elettronici la loro veste, anche dal punto di vista dello stile e della personalità? Quali le interazioni con gli altri membri del team di sviluppo? Giacomo Guccinelli, illustratore e concept artist di fama internazionale, ci svela in che modo il videogioco prende forma, sotto il profilo dell’immagine e dell’impatto estetico.
Sin dai primi anni Ottanta il videogioco ha sviluppato la capacità di raccontare storie: da Zork a Ultima e Maniac Mansion, dalle avventure testuali ai GDR e alle avventure grafiche, il processo che in pochi decenni è giunto a definire l’identità del medium ha avuto nella narrazione uno dei propri capisaldi.
Oggi il game development non è separabile dalla sceneggiatura, e la parola – orale o scritta – è spesso una sua componente decisiva.
Proprio la centralità della parola accomuna il lavoro di Michele Lanzo – game designer, sceneggiatore, regista – e Gianluca Iacono, doppiatore di videogiochi, anime e serie tv, celebre voce italiana di Vegeta nell’anime Dragon Ball. Un panel che mira a illuminare il tema della narrazione da due diversi punti di vista, quello dell’autore e quello dell’interprete.
Gianluca Iacono sale sul palco per sfidare i suoi fan in una serie di incontri al celebre picchiaduro Bandai Namco, e intanto chiacchiera con loro di anime e doppiaggio. Sei pronto a misurarti con il principe dei Saiyan?
Rick DuFer ci porta con sè alla scoperta di Bloodborne, giocandolo dal vivo nella splendida cornice del Rainerum: una full immersion in una delle esperienze narrative più originali e profonde del panorama videoludico, un gameplay ragionato con la voce Rick a guidarci nell’intreccio dei riferimenti culturali di cui è intessuto il capolavoro di Hidetaka Miyazaki, tra Lovecraft e la tradizione filosofica.
Lo storico conduttore di Art Attack Giovanni Muciaccia e la streamer Kurolily inventano insieme un livello di gioco con Super Mario Maker. Un incontro intergenerazionale all’insegna della creatività, un dialogo tra il mondo della televisione e quello del web in cui la giovane influencer e l’icona della tv per ragazzi si domandano cosa significa essere creativi nell’era dei social.
Grazie alla sua capacità di espressione creativa, narrazione e coinvolgimento emotivo, il videogioco è un mezzo straordinario per valorizzare il patrimonio storico e culturale.
Il Presidente di IVIPRO Andrea Dresseno e i developers di A Painter’s Tale: Curon, 1950 – Matteo Ridolfi e Matteo Lollini di Monkeys Tales Studio – riflettono sui molti modi in cui il medium videoludico è in grado di farci conoscere il territorio, con particolare riferimento al caso di A Painter’s Tale, che racconta la storia del celebre borgo altoatesino sommerso dalle acque del Lago di Resia nell’estate 1950.
L’Italian Videogame Program (IVIPRO) è un progetto che mira ad agevolare la produzione di titoli ambientati in Italia o legati al patrimonio italiano, mappando il territorio in chiave videoludica e configurandosi come uno strumento di raccordo tra istituzioni, sviluppatori ed editori, nell’ottica di una possibile committenza.
Proprio come accade sul Pianeta Terra, giocando all’app game Change Game, maggiore sarà il livello di emissioni di gas climalteranti che i giocatori genereranno attraverso le loro scelte, maggiori saranno le sfide che dovranno affrontare in relazione al conseguente aumento della temperatura. Come nella realtà, da un lato ondate di calore, siccità, innalzamento del livello del mare, inondazioni, cicloni tropicali, diffusione di nuove malattie e dall’altro possibili soluzioni attraverso le interazioni con le altre città, gli investimenti in ricerca e sviluppo e non solo. Piani paralleli e intrecciati che delineano lo svolgimento del gioco ma che si muovono su solide basi scientifiche. Il gioco voluto dalla Fondazione Centro Euro-Mediterraneo per i cambiamenti climatici (CMCC) con il finanziamento di Climate KIC EIT, è il city building management game finalista al Premio Best Innovation agli Italian Video Game Awards 2021, realizzato da Melazeta, società modenese attiva da vent’anni nella creazione di applied games e progetti di gamification ed edutainment.
L’Apocalisse è stata definita come «uno dei miti culturali più potenti e invasivi dell’Occidente». È infatti indubbio che un numero sempre maggiore di prodotti mediali si richiami a quello che viene generalmente definito «immaginario apocalittico», contraddistinto da catastrofi, devastazioni, terrore per il senso dell’incombente fine dell’umanità, e in qualche caso dalla lotta dualistica tra bene e male. L’ambito videoludico non fa eccezione: innumerevoli sono i titoli che si rifanno a un tale immaginario, o ambientati in un periodo immediatamente successivo alla fine, tanto che quello «post-apocalittico» può essere considerato un vero e proprio sottogenere videoludico. Tuttavia, l’uso indiscriminato dei termini «Apocalisse» e «apocalittico» in riferimento a cornici narrative genericamente catastrofiche o post-catastrofiche, rischia di affievolire, se non di sciogliere del tutto, i legami con i riferimenti culturali e religiosi loro propri. Il nucleo di questo immaginario trova infatti origine nei testi apocalittici giudaico-cristiani, e segnatamente nell’Apocalisse di Giovanni e nelle sue sovrastrutture esegetiche e iconografiche. La discussione si dividerà pertanto idealmente in due parti. Una prima sarà dedicata all’esame di titoli che si richiamino apertamente al testo giovanneo, o quantomeno ne traggano evidente ispirazione, quali la saga di Darksiders (con particolare attenzione al primo titolo: Wrath of War) e di Diablo, istituendo quindi un raffronto con alcuni esempi di esegesi visuale tratti da manoscritti miniati medievali. Una seconda sezione vuole avanzare la suggestione che due iconici villain, Kefka Palazzo (Final Fantasy VI) e Ganondorf (The Legend of Zelda), possano avere tratti in comune con la figura dell’Anticristo, così come definita dalla tradizione esegetica dell’Occidente medievale e tardo-antico.
Trent’anni di avventure per una delle saghe più longeve della storia dei videogiochi. Dal famoso aneddoto che vuole Hironobu Sakaguchi a capo di un’operazione finalizzata a salvare Squaresoft con quella che fu “l’ultima fantasia”, fino alla recente operazione di massificazione del brand gestita da Hajime Tabata.
Un viaggio attraverso le personalità più famose, i temi più caldi, le vicende che più ci hanno colpito nel tempo: da Tetsuya Nomura a Nobuo Uematsu, passando per Kazushige Nojima e Yoshinori Kitase, per scoprire cosa si nasconde dietro le storie di Cloud, Squall, Gidan, Tidus e i tanti altri protagonisti che hanno caratterizzato la saga del cristallo.
L’industria videoludica oggi si pone, dal punto di vista del fatturato, sullo stesso piano di cinema e televisione. Di conseguenza, offre anche molte opportunità di impiego a chi oggi si affaccia sul mondo del lavoro. Purtroppo, però, nel nostro paese manca ancora una visione d’insieme chiara e coordinata per la formazione in ambito videoludico. L’obiettivo di questo intervento è fornire degli spunti di riflessione per capire se e come intraprendere un percorso formativo orientato ai videogiochi e quali sono le occasioni che possono essere colte una volta che questo è stato completato.
Dalla mente del Dottor Francesco Bocci nasce un approccio innovativo alla psicologia, che utilizza il videogioco come strumento terapeutico.
Questo panel si propone di approfondire la prospettiva della VGT come processo psicoanalitico, con particolare attenzione ai benefici che il mezzo videoludico è in grado di offrire nella costruzione dell’identità personale e nello sviluppo di capacità sociali quali competenza emotiva ed empatia.
Dodici ragazzi dai 9 ai 13 anni sviluppano tutti insieme un videogioco sulle tematiche ambientali, seguiti da tutor esperti che insegnano loro le basi del design. Suddivisi in coppie, ognuno di loro contribuirà a creare una piccola parte del prodotto finito, dal concept al disegno dei personaggi e alla sceneggiatura. Non sono richieste competenze preliminari, se non una minima familiarità con l’uso del computer. Il progetto sarà poi presentato la domenica e giocabile liberamente con un browser web.
Attività a cura di Stefano Cecere, umanista, sviluppatore di videogiochi, ricercatore in didattica ludica.
Un incontro informativo dedicato a tutta la famiglia, una conferenza pensata per mettere in contatto genitori e figli sul tema del videogioco, analizzando gli stereotipi più comuni ed educando a un corretto utilizzo del medium.
Horizon Psytech & Games è una piattaforma di oltre 40 operatori professionisti in campo psicologico, che lavora con le nuove tecnologie per il benessere degli individui. Offre servizi di formazione e media education, organizza corsi ed eroga consulenze aziendali di alto profilo.
I nuovi media rappresentano al contempo una grande sfida e una formidabile opportunità per costruire nuovi modelli d’inclusione: dai social network, che creano legami e connessioni tra individui geograficamente lontani, ai videogiochi, nei quali certe forme virtuose d’interattività sono in grado di stimolare l’empatia e l’intelligenza emotiva (non a caso si è recentemente cominciato a parlare di “emotional videogames”). Cionondimeno, il mondo online e le community di videogiocatori non sono esenti da episodi di bullismo, hate speech e discriminazione, talvolta purtroppo esacerbati dall’apparente anonimato che la rete garantisce. Il panel mette a confronto alcune voci autorevoli nel campo del videogioco – dal mondo del development a quello della didattica, della psicologia e della critica videoludica – per inquadrare il tema dell’inclusione da diverse angolature.
L’esperienza di Game of the Year, documentario d’osservazione diretto dal giovane regista italiano Alessandro Redaelli, crea un terreno di confronto tra videogioco e cinema. L’uno e l’altro medium sono capaci di narrare storie, il primo può talvolta essere raccontato dal secondo – nel caso di Game of the Year il focus è sulla vita di alcuni protagonisti della game industry e del panorama videoludico italiano.
A Game Ground lo stesso Redaelli e lo youtuber Victorlaszlo88 si confrontano sul linguaggio del videogioco e del cinema – convergenze, divergenze e intersezioni – a partire dalla loro pluridecennale esperienza di cinefili e videogiocatori, ma anche dall’opera seconda del regista milanese.
Alla luce di un percorso evolutivo più che cinquantennale, la preservazione della storia del videogioco è un tema che acquisisce assoluta centralità in vista di un approccio serio e consapevole al medium. Il fatto di tutelare il patrimonio degli oggetti fisici – giochi, computer, console, periferiche, coin-op, memorabilia di ogni tipo e provenienza – ma anche di tramandare memorie, vissuti e testimonianze, è parte fondante del processo di integrazione del videogioco nel mondo della cultura.
Tre prospettive diverse da parte di chi si occupa ogni giorno di preservazione: Carlo Santagostino, pioniere del videogioco in Italia, cultore di computer e tecnologia, una delle anime di Archeologia Informatica; Fabio “Kenobit” Bortolotti, protagonista della scena chiptune, divulgatore della storia videoludica su Twitch e su tutti i canali online; Marco Citro, autore del progetto RetroBigini, che coniuga la fotografia digitale e il retrogaming, accedendo a una nuova dimensione creativa a partire dall’estetica delle scanlines sui vecchi CRT.
Nel 1982, durante la guerra nelle isole Falkland, Margaret Thatcher affermò: «Quando hai passato metà della tua vita politica gestendo temi monotoni come l’ambiente… è eccitante avere una vera crisi nelle tue mani». In quell’occasione la prima ministra britannica non avrebbe certo immaginato quanto in quarant’anni la situazione si sarebbe ribaltata. Allo stesso modo, mai avrebbe pensato che i videogiochi sarebbero diventati non solo un medium di massa, con un mercato superiore a quello cinematografico, ma uno strumento sempre più popolare per l’articolazione della politica, del discorso sociale e dell’attivismo. Sebbene siano ancora pochi gli studi a riguardo, i videogiochi, in particolare quelli con mondi aperti come Minecraft, possono favorire la riflessione e l’azione riguardo a fatti ecologici rilevanti, spesso oggetto di forte polarizzazione politica. A partire dalla campagna “To the Last Tree Standing”, condotta nel 2017 da Greenpeace per bloccare il disboscamento della foresta polacca di Białowieża, si approfondiranno quindi le potenzialità dell’ecosistema videoludico nel segnare una nuova via per il cambiamento sulla strada della sostenibilità ambientale.
Il Centro Studi Palladio ha creato il primo gioco in realtà aumentata per l’apprendimento linguistico precoce in Provincia di Bolzano.
Si tratta di una caccia al tesoro ambientata nelle sale della Mediateca Multilingue e rivolta a bambini da 7 a 11 anni.
Permette di allenare la comprensione di elementi di lingua inglese, e insieme di apprendere quali servizi gratuiti offre la Mediateca per l’autoapprendimento delle lingue. Il gioco utilizza un software comune per la creazione di contenuti in realtà aumentata – Zapworks – aggiungendoli a sfide concrete come puzzle, indovinelli enigmistici e ricerca intuitiva.
Con un film uscito negli anni Ottanta e uno di animazione che arriverà nelle sale a fine 2022, Super Mario è uno dei brand che hanno decisamente oltrepassato i confini del mondo videoludico per entrare nell’immaginario comune. Ne parla Victorlaszlo88 – influencer ed esperto di cinema – mentre si avventura nelle magnifiche lande virtuali di Mario Odyssey: previsioni e aspettative sul nuovo lungometraggio dedicato all’idraulico italiano, ma anche un’occasione per parlare di trasposizioni cinematografiche più o meno riuscite dei videogiochi più amati.
Un dialogo sul videogioco ai tempi del web, sulle community online, sulle professioni del giornalista videoludico e del creatore di contenuti. L’influencer Michele Poggi – in arte Sabaku No Maiku – e il giornalista Francesco Fossetti, responsabile editoriale di Everyeye.it, esplorano insieme possibilità e criticità del medium in relazione alle nuove risorse offerte dalla rete e dalle grandi piattaforme di streaming.
In un gioco di rimandi e contaminazioni, i prodotti della cultura pop mostrano la tendenza ad attingere da un corpus variegato di opere preesistenti, mutuando alcune delle loro coordinate tematiche ed espressive da ciò che li ha preceduti in termini di storia, letteratura, cinema e quant’altro. Nel settecentesimo anniversario della morte di Dante, Francesco Toniolo e Livio Gambarini ci parlano delle recenti rivisitazioni “pop” della Divina Commedia, incluse quelle contenute nella quadrilogia di Eternal War, saga letteraria fantasy dello stesso Gambarini.
Due umanisti e intellettuali dei nostri giorni viaggiano nella splendida Italia rinascimentale affrescata dal capolavoro Ubisoft, giocando dal vivo davanti al pubblico di Game Ground per rispondere a un quesito: quali sono gli elementi di accuratezza storica in Assassin’s Creed II e quali invece le licenze autoriali? Scopriremo insieme se l’epopea degli assassini, acclamata dai videogiocatori di tutto il mondo, sia anche un esempio mirabile di attenzione alla verità dei fatti.
Radio, fumetti, cinema hanno contribuito negli anni a diffondere forme d’immaginario collettivo poi sedimentatesi all’interno delle società. In tal senso, negli ultimi decenni i videogiochi hanno assunto sempre più centralità nella diffusione di narrazioni mediali.
Durante il «secolo americano», gli Stati Uniti ne hanno fatto largo uso per accrescere il loro soft power a livello globale. Tuttavia oggi, col mito statunitense in declino da più di un decennio, è interessante riflettere sull’immagine di sé che l’America dà al mondo attraverso il medium videoludico: un tempo paese di sogni e possibilità, adesso terra di contraddizioni. La stessa epica western, che per secoli ha avuto un valore mitopoietico nella cultura a stella e strisce, oggi si ritrova svuotata dalle sue esaltazioni (progresso, violenza, espansione) per assumere una profonda funziona critica. Ciò è evidente in Red Dead Redemption II (Rockstar Games, 2018), in The Outer Worlds (Obsidian, 2019), in The Last of Us Parte II (Naughty Dog, 2020). Solo quando a essere protagonista è la guerra – e in particolare modo la Seconda Guerra mondiale – i videogiochi ritornano alla loro funzione propagandistica, volta ad esaltare i valori tradizionali della storia e cultura americana. Accade in Call of Duty World War II (Sledgehammer Games, 2016) e nel nuovo corso della serie di Wolfenstein (MachineGames, 2014 – in corso).
Storie, fantastorie e distopie si uniscono e si mischiano nella produzione videoludica statunitense per diffondere un’immagine nuova e ambigua degli Stati Uniti di oggi, lontani da quella glorificatrice emersa nel Novecento. Obiettivo del panel sarà dunque quello di riflettere e indagare su queste nuove narrazioni videoludiche.
Dal sublime di Caspar David Friedrich a quello immaginato in Shadow of the Colossus, un viaggio fra i mondi della creatività.
Una creatività fatta delle emozioni indescrivibili che tutti condividiamo: dalla paura folle di Bloodborne e Francis Bacon alla meraviglia fiabesca di Zelda e dei Preraffaelliti.
Il videogioco ha il potere di mettere in scena altre realtà, esplorando scenari controfattuali o futuribili di cui l’utente può fare esperienza diretta e immersiva. Nel corso degli ultimi due decenni gli autori di videogiochi hanno raccontato storie sempre più complesse, mano a mano che il medium maturava le proprie doti espressive: molti sono i modi in cui tali autori hanno immaginato il nostro futuro, spesso inserendosi nel solco della fantascienza letteraria o cinematografica, altre volte in modo del tutto originale. In un caso e nell’altro il videogioco si dimostra un portentoso motore per la nostra immaginazione, ci spinge a concepire corsi alternativi della storia, prefigura tecnologie futuristiche, realtà utopiche o distopiche. Così facendo, a volte pone interrogativi e ci fa riflettere sul concetto di progresso, sulle relazioni umane, sui limiti della scienza, su noi stessi e sulla nostra società: ne parliamo con Rick DuFer e Ary De Rizzo.
All’interno del livello Dark Zone di Quake (id Interactive, 1996) i Rangers ColdSun, ArchV, Sphinx e Pyoveli, si dividono per esplorare l’area circostante ma il gruppo viene decimato da un altro giocatore che elimina all’istante Sphinx e Pyoveli. Gli altri due Rangers e un terzo componente non identificato accorrono e uccidono il nemico, scoprendo che si tratta di John Romero, designer di Quake. Era il 1996 e faceva la sua comparsa Diary of a Camper, realizzato da United Rangers Films, considerato oggi come il primo esempio di machinima. Nello stesso anno, l’artista greco Miltos Manetas presenta Miracle alla Basilico Gallery di New York in occasione della mostra Joint Ventures, organizzata da Nicolas Bourriaud. Manetas registra lo schermo di un Mac durante una sessione di gioco al simulatore di volo F/A 18 Hornet, riprendendo un jet planare sulla superficie dell’acqua senza mai affondare.
Il videogioco entra così nello spazio artistico ridefinendo e ricontestualizzando generi, categorie, consuetudini visive. Nel 1996 il machinima si presenta come nuova forma di produzione in tempo reale di film d’animazione e mezzo artistico tout court ma, venticinque anni dopo, il confine tra video arte e videogioco si è fatto sempre più labile, fino a scomparire del tutto. Il panel si propone di mettere in risalto la natura intermediale del machinima presentandolo come medium di confine a cavallo tra videogioco, video arte, performance, cinema sperimentale, fotografia e storytelling.
Quali sono le possibilità offerte dall’utilizzo dei videogiochi nell’ambiente formativo? Educatori, insegnanti, pedagogisti possono arricchirsi e perfezionarsi utilizzando il videogioco sia per la loro crescita professionale, sia come strumento di lavoro. Una nuova prospettiva sulla formazione e sui
videogiochi, che unisce due mondi non così distanti.
Le nuove generazioni di giovani apprendono più velocemente, con modalità nuove e diverse. La scuola italiana deve necessariamente adeguare le proprie metodologie di insegnamento a questi cambiamenti, e i videogiochi sembrano essere una soluzione
promettente.
Martina Mazzei approfondirà questo argomento citando anche case study da tutto il mondo, in un incontro pensato per stimolare discussione e pensiero critico.
Lara Croft è la protagonista di una delle saghe più longeve della storia videoludica, Tomb Raider: se nei primi capitoli l’archeologa è una donna matura, impassibile e senza paura, nelle incarnazioni più recenti è una ragazza poco più che adolescente, con un profilo psicologico più approfondito e una presentazione più umana agli occhi dei videogiocatori.
Come e perché Lara ha vissuto nel tempo questi cambiamenti, alla luce anche dei passaggi di consegne tra software house e reboot della saga?
Nel corso di Game Ground dodici ragazzi di Bolzano creeranno un videogioco a tema ecosostenibilità, apprendendo i rudimenti del game design e seguendo ogni fase dello sviluppo, dal concept alla storia e alla creazione dei personaggi: nella cornice della sala conferenze del Centro Commerciale Twenty, il gioco viene presentato al pubblico, dai ragazzi e dal loro tutor Stefano Cecere.
Nel 1985 la Commodore presentava l’Amiga 1000 con Andy Warhol come ospite d’onore: Warhol intervenne con le sue riconoscibili rielaborazioni cromatiche sull’immagine digitale della cantante Debbie Harry dei Blondie, che diedero vita alla sua prima opera di computer-art.
Dal barattolo della zuppa Campbell al ritratto di Marilyn Monroe, furono molte le successive versioni digitali delle sue opere più famose, riportate recentemente alla luce tramite un difficile lavoro di recupero dati. Un panel al confine tra cultura e archeologia informatica, che darà modo al pubblico di Game Ground di conoscere un aspetto poco noto del grande artista.
La storia dei videogiochi horror è un po’ la storia dei videogiochi nel loro insieme. Osservando l’evoluzione degli horror videoludici, emergono infatti alcune grandi trasformazioni che hanno attraversato il medium. E, in alcuni casi, queste trasformazioni sono state proprio guidate dagli horror, che hanno avuto il ruolo di apripista.
Il panel ripercorre le principali tappe evolutive di questi videogiochi, dalle loro embrionali comparse fino agli esiti più recenti. Una panoramica utile per riflettere su cosa sia un “genere videoludico” e per scoprire come e perché i videogiochi horror siano stati così importanti, nel corso degli anni. Non mancheranno infine i confronti con la tradizione letteraria dell’horror, per scoprire come e quando ha influenzato questi prodotti videoludici.
Lo stato dell’arte della VR e delle tecnologie immersive dal punto di vista di chi tutti i giorni lavora con le realtà estese – Fabio Mosca di AnotheReality, studio di sviluppo software specializzato in XR – e di chi su questi temi fa divulgazione online, Alessandro Redaelli di VR Italia, autore tra l’altro del documentario Game of the Year.
Un viaggio alla scoperta dei modi in cui il videogioco rinnova la nostra percezione della realtà e si inserisce nelle nostre vite, aprendo un’infinita gamma di esperienze inedite e integrandosi in modo sempre più diffuso nei campi della formazione, del business, della sanità, della valorizzazione del patrimonio culturale.
Dagli anime ai videogiochi, tutto ciò che giunge a noi dal Giappone è oggetto di un lavoro di traduzione che è anche spesso adattamento. Sopratutto per quanto concerne la scena delle produzioni indipendenti, la maggior parte del materiale prodotto non arriva poi affatto in occidente: nel caso dei manga una startup altoatesina, Animeshon, ha creato un motore di ricerca che è anche una piattaforma di publishing e distribuzione, punto d’incontro tra autori e traduttori. Il panel si concentrerà sui problemi legati alla traduzione e ai prodotti non localizzati, non solo per quanto riguarda il mercato giapponese. Fabio Bortolotti, traduttore italiano del capolavoro di Ron Gilbert e Gary Winnick Thimbleweed Park – ma anche di tanti altri titoli originariamente in lingua inglese – aprirà una finestra sul mestiere della localizzazione di videogiochi a 360 gradi.
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